Della Paramnesia

Esplorazioni nella Paramnesia

Esattamente nella prima metà del secolo dei lumi e delle diaspore, con il dissolversi dei territori mentali di provata fede per l’emergere della paramnesia, venivano a mancare i riferimenti condivisi di un metodo apodittico.  

Nella società emergeva un sentimento comune, la necessità di assegnare ad un costruttore “necessario” il compito risolutivo di definire un metodo inconfutabile per il discernimento tra il Sé “originario” e quello “riflesso”. 

Si dichiarava così che “sarà necessario sostenere un costruttore che possa realizzare il viaggio lungo le impervie e dissonanti direzioni dei contraddittori in atto, attraverso un percorso che raggiunga i timorati luoghi dell’esperienza paramnesica”, con ciò intendendo che nelle espressioni di interdetto giudizio sia possibile definire quella pragmatica necessità di univoci scenari irenici.  

Nella mirabile esposizione del dottor Baltieri la respirazione guidata assumeva l’investitura di strada maestra, l’unica che potesse consentire responsabili consensi.  Affermava il Baltieri:
“Dopo un primo incerto cammino ove, per mia pneumatica sopportazione, fui assalito da una nuova prospettiva di conoscimento, considerai la stessa come direzione necessaria. Tale prospettiva mi tenne sequestrato nella ricordanza di un’altra vita prima a me estranea. Ero in casa mia ma straniero, senza poter né conoscere i perché di un simile stato, né abilitato ad esplorare per volontà quei vividi ricordi che si imponevano. Memorie che fluivano dialogando con il territorio circostante. Sentivo forte il trascinarsi della mia anima da parte di una fantasmatica identità che, padrona e guida, mi ingiungeva di visitare lo scavo progressivo degli antichi invasi, perturbanti contenitori di Lari che da quel territorio avocavano a sé la mia vita”.  

Scrive a proposito dei Lares Agostino di Ippona riferendo di Apuleio in La città di Dio, IX:
“Dice (Apuleio), infatti, che le anime degli uomini sono demoni, e che gli uomini diventano Lares se sono stati buoni; fantasmi, se hanno vissuto nel male, o come larve; e Manes se non è chiaro se essi meritano il bene o il male”.

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In passato, celati ai più, i sintomi dissociativi che si manifestavano ogni volta che il respiro scomposto causava importanti variazioni del tono vagale, esprimevano tracce del vortex agli angoli della bocca. Qualora individuate, le tracce venivano derubricate come corruzione di cheilite e come tale venivano curate.  

Il passaggio decisivo avvenne con il riconoscimento delle tracce quali segnali del processo di infiltrazione del Lar. L’angolo della bocca si rivelava l’accesso funzionale. Un risultato ottenuto attraverso gli studi sulle traiettorie insufflatorie, mediante la spirale logaritmica (cfr. Joseph Conti, Vortex vs Ruah, 1921). La localizzazione dell’accesso, sconosciuto fino ad allora, portava alla conoscenza di piccole evoluzioni di correnti aeree che, confluendo all’ingresso della bocca, manifestavano la “forma mentis aphanastica” in tutta evidenza una sovrapposizione di identità diverse.  

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Scriveva ancora il Baltieri: 

“Così nei vortex si insinuava il Lar ansioso di esplorare. Era infatti sua abitudine addentrarsi in terre poco esplorate e malinconicamente dimenticate, collegate solo da rare intuizioni, troppo fioche per compiersi in riflessione. Impressioni e sensazioni del resto non andavano oltre la selvaggia regione dell’istinto”. 

Ora, sebbene le competenze del Baltieri non siano state tali da consentirgli un’analisi completa delle cause che determinano il manifestarsi della paramnesia, è nelle soluzioni alle problematiche del doppio che il suo studio si rivelò significativo. Lo studio del Sé, nel suo rispecchiarsi in realtà sconosciute, offre ancora oggi spunti di riflessione che vale la pena approfondire per quanto sia di difficile una risoluzione definitiva in merito al controllo cosciente dell’ospite “inatteso”. 

L’opera di Saverio Baltieri affronta e sostanzia quella struttura dicotomica tanto cara al viaggio di formazione, lo stupore intuitivo del suggestivo meraviglioso e il bisogno del saldo ordinamento armonico della logica, per una costante ricerca della conoscenza. Il viaggio del Baltieri viene intrapreso attraverso l’esplorazione di un territorio definito sconosciuto: “l’altro da Sé”. Rappresentazione sulla base di una trasposizione antropomorfica per la quale, egli, adotta l’uso di una mappa organico-concettuale, funzionale, a suo parere, alla sua conquista.  

L’equilibrio fra funzione didattico-logica connettiva e funzione intuitivo-creativa è il presupposto del risultato finale. Il Baltieri aderendo quindi al modello del viaggio di formazione, settecentesco realizza delle carte “topografico-antropomorfe”, le famose “umanazioni” divenute nel tempo emblematiche e significative dimostrazioni di percorsi apodittici necessari ad ogni viaggio nel territorio del Sé.